«La violenza sulle donne purtroppo non conosce confini geografici, distinzioni di classe o di età: è iscritta in tante singole biografie.

In ogni sua forma, fino all’omicidio, non è mai un fatto privato né solo conseguenza di circostanze e fattori specifici, ma si inscrive in una storia universale e radicata di prevaricazione sulla donna.

Ogni ferita fisica e psicologica inferta a una bambina, ragazza o donna, ogni ingiustificata svalutazione delle capacità femminili sono forme di oppressione antica che rendono le donne meno libere, meno uguali, subalterne, infine vittime.

Vanno superate discriminazioni, pregiudizi o stereotipi sui ruoli e sulle attitudini basati sull’appartenenza di genere, iniziando dall’infanzia e in particolare dal mondo della scuola.

La prevenzione avviene soltanto continuando ad operare per una profonda trasformazione culturale che trovi il suo miglior esito nella promozione del rispetto e nell’affermazione delle donne nella società.

Nel nostro Paese il fenomeno della violenza sulle donne è ancora tragicamente alto e la sua denuncia ancora troppo reticente.

Si devono, quindi, favorire le condizioni migliori per superare questo ulteriore ostacolo soprattutto negli ambienti – come quello lavorativo – dove risulta più difficile».