Incapace di eliminare i costi di una famiglia numerosa, il regime fascista cercò di esaltare l’allevamento della prole come un servizio reso alla nazione. In definitiva, la maggiore ricompensa stava nel pubblico riconoscimento. Ma dare risonanza generale a un’esperienza propriamente individuale e privata quale la procreazione, non era un’impresa semplice.
Le iniziative del regime non potevano che andare a tentoni, come risulta evidente nella celebrazione fascista della Giornata della madre. Solo alla fine del 1933 fu stabilita la data, mentre i cattolici almeno in alcune città, già da anni la festeggiavano il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione. La data che i fascisti escogitarono fu il 24 dicembre, la vigilia di Natale, una scelta che sfruttava il culto cattolico della Vergine Maria. In questo modo il regime accostava la madre italiana alla Madre di Dio, alla castità della Vergine, alla gioiosa nascita di Gesù, al supremo sacrificio dell’unico figliolo. Ed è strano che non siano stati attuati sforzi per fare della Giornata della madre una festa commerciale. A differenza della celebrazione americana o di quella di più recente istituzione in Germania, la festa italiana non fu sponsorizzata dai fiorai o dall’industria dolciaria né mobilitò milioni di scolari nella preparazione di piccoli ricordi. Solo perché l’Italia era povera? La spiegazione più verosimile è che il cerimoniale fosse inteso a onorare le madri in modo più indiretto, in quanto fattrici e nutrici dei bambini, come suggeriva la stessa definizione di “Giornata della madre e del fanciullo”.

Non a caso, il vero oggetto delle celebrazione non erano le madri qualsiasi, ma quelle prolifiche. Il momento più alto del cerimoniale del primo anno fu l’adunata nazionale a Roma, alla presenza del duce, nel corso della quale le madri più prolifiche di ciascuna delle novanta province italiane furono passate in rassegna come i migliori esemplari di razza. L’altoparlante non le chiamò per nome, ma per numero di figli: quattordici, sedici, diciotto…

 

“La maternità al servizio dello Stato” è un paragrafo del libro “Le donne nel regime fascista” letto l’estate scorsa, qualche giorno fa ho finito di vedere la serie TV: “Il racconto dell’ancella” – “The Handmaid’s Tale“, il futuro distopico da essa raccontato somiglia tanto al nostro reale passato, sforziamoci di non trasformare il presente in un nuovo incubo.