La direzione per il viaggio sembrava quella corretta, la rotta era impostata, il gasolio era parecchio, il mare era calmo.

Il progetto inizialmente sembrava un pò campato in aria, i presupposti e le competenze non erano dei migliori, ma da parte mia c’era tutto l’entusiamo di arrivare a destinazione, per potere godere della giusta ricompensa dopo tanti sforzi e giorni di navigazione in un mare che piano piano mi accoglieva.

L’idea era quella di andare avanti, avendo qualcosa di importante da preservare da tutto e tutti, riuscendo a  portarlo indenne al porto di destinazione, credevamo di avere fatto uno dei migliori imballaggi, resistenti ad ogni agente atmosferico, ma non era così.

Il tempo cambiava ed il cielo azzurro che vedevi all’orizzonte era diventato nero e cupo.

Ero da sola forse al timone, il mare si ingrossava ed io seguendo la rotta, perdevo di vista quello che poteva succedere intorno a noi, non avevo calcolato tutte le tempeste che durante un lungo viaggio si possono abbattere sulla tua barca, errore da principiante il mio.

L’acqua adesso entrava, scardinando tutto, ogni schricciolio era come se fosse  una ferita sul mio corpo,  nonostante a bordo ci fosse un grande meccanico pronto ad intervenire con maestria, ma certe lacerazioni attraversano le tue membra e vanno oltre.

La stiva, dove si trovava il nostro tesoro si riempiva d’acqua, rovinando tutto.

Anche la cambusa cominciava  a svuotarsi, lasciandoci affamati di quel pane che nei primi periodi era riuscito a sfamarci tanto, da non volerne quasi più.

E’ così ad un tratto ci si è trovati affamati, e con gli occhi spenti, pronti ad essere nutriti dalle nostre stesse viscere, che non attendevano altro che essere mangiate fino all’ultima nostra fibra muscolare.