Le donne non si laureano per avere un quadro in più a casa!

Quando ascolto i dati sull’occupazione in Italia ho sempre una morsa allo stomaco, quando ascolto i dati sull’occupazione femminile o forse sarebbe meglio dire, disoccupazione femminile, oltre alla morsa stomaco subentra il mio solito fiume di pensieri.

Ormai è risaputo che le donne staticamente siano più istruite degli uomini, affrontando tranquillamente qualsiasi tipo di studio universitario, avendo migliori risultati dei colleghi di sesso maschile.

Il mio pensiero è: ma secondo voi una donna sceglie di studiare e laurearsi così? Ci avete mai pensato, riflettuto, ve lo siete mai chiesto? 

Per inerzia?

Per hobby?

Per fare piacere a mamma e papà?

Per stare con le amiche?

Per avere un quadro in più da appendere in casa? No, no, e ancora no!

Lo fa per realizzarsi, lo fa per gli stessi motivi per cui un uomo sceglie di farlo, perché spera che quel percorso possa offrirgli più possibilità per entrare in un mondo lavorativo quasi inaccessibile. Perché spera di trasformare la sua passione in una professione e forse qualcosa di più bello non c’è!

Le donne non possono essere lasciate fuori soltanto perché sono.

 

Ecco alcuni dati che possono farvi capire con i numeri quello di cui parlo:

A giugno 2017 la crescita del numero di occupati interessa solo la componente femminile (+0,4%) mentre quella maschile cala dello 0,1%. Il tasso di occupazione scende al 66,8% tra gli uomini (-0,1 punti percentuali) e sale al 48,8% tra le donne (+0,2 punti).
Il calo della disoccupazione nell’ultimo mese coinvolge sia gli uomini (-1,7%) sia le donne (-2,3%).
Il tasso di disoccupazione maschile scende al 10,4% (-0,1 punti percentuali), quello femminile al
12,0% (-0,3 punti).
La crescita su base mensile degli inattivi tra i 15 e i 64 anni è frutto di un aumento tra gli uomini (+0,8%) e di una diminuzione tra le donne (-0,3%). Il tasso di inattività maschile sale al 25,2% (+0,2 punti percentuali), mentre quello femminile scende al 44,4% (-0,1 punti).
Lo svantaggio femminile nell’accesso al lavoro è evidente sia tra i laureati “triennali” sia per quelli in corsi a ciclo unico o specialistici biennali, con un differenziale nei tassi di disoccupazione di circa 8 punti: la disoccupazione femminile è del 23%, contro il 14,8% maschile, per le lauree triennali e del 18%, contro il 10,2% maschile, per le altre.

Le donne risultano avere un lavoro a tempo indeterminato meno frequentemente degli uomini (quasi 48% per le lauree triennali e circa 43% per quelle a ciclo unico o specialistiche biennali contro il circa 51% maschile in ambo le tipologie), mentre mostrano percentuali più elevate di lavori occasionali (rispettivamente, 10,5% contro il 7,2% e 11,5% contro 7,6%) e di lavori “a termine” (32,2% contro 26,4% per le lauree di durata triennale e 29,2% contro 18,4% per quelle a ciclo unico e specialistiche biennali).

Il confronto europeo: Italia avanti solo alla Grecia
Le donne in età lavorativa (15-64 anni) con una occupazione a giugno hanno sì raggiunto il record del 48,8%, ma restano ancora lontani dal 66,8% degli uomini. A fronte quindi di una media nazionale del 57,8%. In termini assoluti, le donne occupate hanno raggiunto a giugno quasi quota 9.7 milioni, contro le poco più di 9,5 milioni di giugno 2016. Tuttavia, se andiamo ad analizzare l’ultimo dato Eurostat, quello riferito al primo trimestre 2017, sul fronte dell’occupazione femminile l’Italia resta agli ultimi posti: il suo 48,2% è più altro solo rispetto al 43,3% della Grecia. Ben lontano dal 61,6% della media dei 28 paesi europei. E ancor di più dai record di Svezia (74,6%), Norvegia (71,9%) e Germania (71,0%). (Il Sole 24 ore).

Continua ad essere un lotta su tutto ma io sono una lottatrice…