Ci sono alcuni pomeriggi umidi dell’autunno palermitano capaci di metterti in testa desideri che albergano dentro di te da tempo, ma che non hai mai realizzato, a volte ci vuole soltanto la compagnia giusta.

Così quando la settimana lavorativa si è conclusa puoi prendere l’auto e partire, lasciando a casa alcuni bagagli ancora chiusi dopo l’ultimo trasloco: non tutto può andare sempre nel verso giusto e dirigerti verso la meta prefissata. Dove saremo mai andati? Il titolo del post ha già spoilerato la destinazione: Erice!

Questo bellissimo borgo trapanese sito a 751 metri di altitudine è il luogo di refrigerio per noi abitanti dell’Eremo, ogni nostro agosto deve avere la sua Erice, oltretutto dalla Statale 187, quando si arriva a Valderice trovi una delle strade che si arrampicano sul monte, inutile quindi arrivare fino a Trapani, si allungherebbe soltanto il percorso.

Se siete di quelle persone che hanno bisogno di confusione intorno, evitate di andarci, ma se la solitudine è il vostro pane quotidiano ed essere un’eremita la vostra scelta di vita corretta, come me, potrebbe essere la scelta giusta, oltretutto giorno 8, per la Madonna, è iniziato il periodo degli eventi natalizi, non sarete soli soletti davvero.

Giunti nel borgo medievale nel pomeriggio, poche nubi insieme a dei freschi 10°C, siamo andati a caccia di Genovesi, il dolce di pasta frolla più è legato all’immaginario di questo luogo: non puoi andare a Erice e non mangiarne una o da Maria Grammatico, dove siamo stati noi, o al Convento, stavolta abbiamo avuto il plus di non fare la fila: c’eravamo solo noi e l’albero di Natale.

Dopo un’altra passeggiata corroborante siamo andati in hotel, camera 36, perché specifico la stanza? Perchè nella 35 c’era una sorpresa: musicisti bielorussi che facevano le prove, il giorno dopo ci sarebbe stato l’evento “Zampognari dal mondo”. 

Per la cena abbiamo provato una nuovo ristorante: Gli archi di San Carlo, esperimento culinario riuscito, il personale super gentile, carni molto, molto, buone, abbiamo preso un antipasto con : frittata di carciofi, pizzettina fritta, tuma impanata e fritta, polpetta di finocchietto selvatico e caponata; come piatto principale una tagliata su letto di qualeddu e dei ravioli di ricotta accompagnati da uno stufato di carne con salsa di pomodoro, per concludere con una cassatella e un croccante con spuma di ricotta.

Usciti da lì un’altra passeggiata nelle suggestive viuzze: ci siamo liquefatti dal piace ancora una volta.

Ma la “grande bellezza” è stata l’indomani mattina, usciti dall’albergo eravamo dentro una nuvola, che camminava veloce veloce e che dava pochissima visibilità, una “nebbia” che ci ha accompagnato in giro ancora una volta, fino alla villa, dove trovate il Castello di Venere. Arrivati  alla nostra auto e messi in marcia  abbiamo scoperto qualche tornate dopo, che c’era bel tempo.

Anche se la destinazione era Palermo abbiamo fatto una fermata a Guidaloca, come fai a passare di lì e non andare al tuo mare, da quella che è la tua fonte? Praticamente impossibile e così ho trovato lo spettacolo che trovate in questo scatto, mare piatto e solitudine….la stessa situazione ad agosto la puoi trovare: devi andare a mare alle 7. Qualche volta l’ho fatto, anche qualche mese fa: vedi sorgere il sole, senti quasi freddo, il mare è “una tavola”. Unico inconveniente sapete qual è? Quello che arriverà dopo di voi, nonostante la spiaggia vuota si metterà accanto a voi.

Èrice (Èrici o U Munti in siciliano) è un comune italiano di 27 567 abitanti del libero consorzio comunale di Trapani in Sicilia. Dal 1167 al 1934 ebbe il nome di Monte San Giuliano.

Nel centro cittadino che è posto sulla vetta dell’omonimo Monte Erice, sono residenti solo 1024 abitanti (popolazione che si decuplica nel periodo estivo), mentre la maggior parte della popolazione si concentra a valle, nell’abitato di Casa Santa, contiguo alla città di Trapani. Il nome di Erice deriva da Erix, un personaggio mitologico, figlio di Afrodite e di Bute, ucciso da Eracle.

Secondo Tucidide Erice (Eryx, Έρυξ in greco antico) fu fondata dagli esuli troiani, che fuggendo nel Mar Mediterraneo avrebbero trovato il posto ideale per insediarvisi; sempre secondo Tucidide, i Troiani unitisi alla popolazione autoctona avrebbero poi dato vita al popolo degli Elimi. Fu contesa dai Siracusani e Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 244 a.C.

Virgilio la cita nell’Eneide, con Enea che la tocca due volte: la prima per la morte del padre Anchise, un anno dopo per i giochi in suo onore. Virgilio nel canto V racconta che in un’epoca ancora più remota vi campeggia Ercole stesso nella famosa lotta col gigante Erix o Eryx, precisamente nel luogo dove poi si sfidarono al cesto il giovane e presuntuoso Darete e l’anziano Entello. (Wikipedia).